Marillion

Il Neo-Progressive dei Marillion

Negli anni ’80 i gruppi storici della scena progressive decisero di dare un taglio netto al passato. Se in quel periodo aveva ancora senso parlare di progressive, lo si doveva quasi esclusivamente ad un manipolo di gruppI che, pur adattandosi alle sonorità in voga in quel tempo, sono comunque riusciti a rispettare le caratteristiche del genere in questione. A tal riguardo il gruppo più rappresentativo, forse, sono proprio i Marillion. Entrando più nello specifico, bisogna dire che quanto proposto dalla band non lo si può definire proprio progressive, dal momento che manca completamente il legame con la musica classica; rimane tuttavia l’attenzione per i virtuosismi tecnici e le canzoni piuttosto elaborate, ben amalgamate con le tastiere, protagoniste assolute degli anni ’80. Quello che viene fuori è catalogabile come neo-progressive.

Parlando della discografia, dopo i primi due album che tanto sanno di tributo ai Genesis, il gruppo mostra in maniera definitiva la propria identità con “Misplaced Childhood”. Lo stile Genesis si sente ancora, ma la voce del leader Fish emerge alla grande, ed è la caratteristica che fa fare il salto di qualità alla band. Il singolo “Keileigh” rimarrà la canzone più famosa del gruppo ed è la vera cartina tornasole di questo album, veramente eccezionale.

Tempo per un altro disco, ed il gruppo deve far fronte al cambiamento più significativo della sua carriera: Fish decise di lasciare il gruppo per intraprendere una carriera solista di discreto successo, sia per quanto riguarda la produzione, sia per il successo ottenuto. Al suo posto arrivò Steve Hogarth. Sebbene i fans accettarono di cattivo grado questa novità, francamente mi sembra impossibile trovare un sostituto più adatto di Hogarth. “Season End” del 1989, infatti, non risente per niente del cambiamento, anzi, il gruppo assume sempre di più quelle caratteristiche che poi sarebbero diventate le peculiarità del neo-progressive, e l’album è più che buono, ed addirittura superato dal seguente “Holidays in Eden”.

Quello che si può rimproverare al gruppo sono invece le produzioni che seguirono: a metà degli anni ’80 anche il neo-progressive dovette far fronte ad una mancanza di idee, e gli album proposti dai Marillion suonarono come piuttosto ripetitivi e stanchi. Per uno spiraglio di luce bisogna attendere il 2001, con “Anoraknophobia”, dove i ritmi, da pomposi e trionfanti che erano, si sono fatti più lenti e cadenzati.

Nel 2007 arriva una sorpresa: “Somewhere Else” è un disco più che positivo, che ricalca i Marillion del nuovo millennio, mentre il doppio “Happiness is the Road” del 2009, uscito originariamente solo on-line, è una mezza (quasi totale) delusione.

Fonte foto Mike p di Wikipedia in polacco [GFDL, CC-BY-SA-3.0, GFDL o CC BY-SA 2.5-2.0-1.0], attraverso Wikimedia Commons