L’hard rock raffinato dei Led Zeppelin

Un’altra delle più belle pagine del rock. Spesso considerati i pionieri, nonché i massimi esponenti dell’hard rock, i Led Zeppelin sono e saranno sempre loro: Jimmy Page alla chitarra, Robert Plant alla voce, John Paul Jones al basso, e John Bohnam alla batteria. Personalmente ritengo che sia inutile e sbagliato ingabbiarli in un genere: i Led Zeppelin sono i Led Zeppelin, punto e basta.

Il loro omonimo album di esordio già mostra quanto di buono il gruppo sa fare: il ruolo di leader inizialmente lo si deve attribuire a Jimmy Page, chitarrista proveniente da quella fucina di talenti che erano gli Yardbirds (vedi Eric Clapton). I lunghi suoi lunghi assoli di chitarra sono stati si un costante punto di riferimento per l’hard rock, ma non è giusto limitare il tutto ad un insegnamento per le generazioni future: quanto proposto da Page è tuttora qualcosa di difficilmente raggiungibile.

Il seguente disco, senza grande sforzo di fantasia, si chiama “Led Zeppelin II”; il risultato è un ulteriore passo avanti: il disco è un autentico capolavoro. Page tira fuori riff ora estremamente aggressivi (Whole Lotta Love”), ora estremamente melodici (“Thank You”). Oltre al chitarrista, però, è necessario sottolineare la prestazione di Plant, che si adatta perfettamente alle ritmiche del disco.

Il terzo lavoro si chiama “Led Zeppelin III” e, sebbene ci sia un primo parziale cambiamento di stile, siamo di fronte ad un altro album eccezionale. I riff duri lasciano un po’più spazio a ritmi tipicamente folk, e preparano a quella che sarà la loro opera magna, intitolata semplicemente “IV”: uno dei migliori album in assoluto della storia del rock. L’eclettismo di tutti i componenti viene fuori come non mai; il disco è una continua esibizione di versatilità, ma sempre nel pieno rispetto della melodia. “Stairway to Heaven” è la canzone simbolo, e col tempo diventerà uno dei più famosi brani della storia del rock, ma è tutto l’album ad essere particolarmente mirabile.

Una volta fatto il meglio, la band riuscì ancora a rimanere su altissimi livelli col seguente “Houses of the Holy”, un altro disco fenomenale, il più selvaggio e brutale della loro discografia. In questo caso è Bohnam a farsi notare con la sua batteria.

Arrivati a questo punto, la band iniziò a fare cose “solamente” buone: “Physical Graffiti” è un disco più che carino all’ascolto, ma non aggiunge niente a quanto (tantissimo) di buono fatto in precedenza. Il seguente “Presence” rappresenta, ahimè, un passo indietro, mentre “In thug the out Door”, l’ultimo lavoro da studio della band, risulta divertente all’ascolto, ma niente di più.

Nel 1980 avviene il dramma: John Bohnam durante una festa a casa di Page fu trovato morto soffocato dal proprio vomito; i Led Zeppelin accusarono il colpo, tanto che la band decise di non continuare, e l’ultimo album prodotto dopo il 1980, tolte le raccolte, è il divertente “Coda”, composto da inediti e parti dal vivo. Che si trattasse di un omaggio a Bohnam lo si può chiaramente capire dall’ampio spazio lasciato alle ecletticissime esibizioni di batteria.

In conclusione, se i seguaci del rok classico si divertono a chiedersi se siano meglio i Beatles o i Rolling Stones, quelli del rock duro fanno lo stesso con Led Zeppelin e Deep Purple, continuando la tradizione degli aut-aut tanto cara agli inglesi.

Personalmente penso che i Led Zeppelin siano stati un gruppo magari di ascolto non immediato, ma sicuramente più universali e probabilmente anche più di impatto dei Deep Purple. Sicuramente sono un punto fondamentale della storia del rock.

Foto: Di tony morelli (originally posted to Flickr as led zeppelin) [CC BY-SA 2.0], attraverso Wikimedia Commons