Il punk sofisticato dei Clash

Se ci si limita a considerare questa come una punk band, possiamo dire che probabilmente i Clash sono stati l’espressione migliore, o per lo meno quella commercialmente più presentabile, del genere in questione. In verità mi sembra alquanto limitativo definirli solo punk. Per chiarire meglio è necessario dire che gli esordi rispecchiano esattamente i canoni del genere, ma il gruppo si distingue rispetto ad altri, se non altro per le tematiche un pò più riflessive e per i suoni più ricercati rispetto alla media del punk.

Facendo poi un salto temporale, arriviamo al 1979. Il boom commerciale aveva portato “Nevermind the Bollocks” dei Sex Pistols a farli diventare i nuovi dei della musica. Un’analisi più lucida portò alla conclusione che se questa è la musica proposta al momento, allora forse è meglio abbassare la saracinesca e chiudere tutto. In particolare tutto ciò che veniva prodotto nel Regno Unito veniva visto con diffidenza, e soprattutto la stampa musicale britannica aveva iniziato a perdere di credibilità. Quando la morte di Sid Vicious sembrava aver messo la pietra tombale sulla musica del Regno Unito, i Clash escono con “London Calling”, che ebbe l’effetto della manna scesa dal cielo: anche il punk rock poteva fare qualcosa di proponibile e duraturo. L’album fu iper pompato, ritenuto originale, istrionico, raffinato, elaborato, ribelle, e chi più ne ha più ne metta. Viene considerato uno dei migliori lavori del rock e riuscì a ridare credibilità alla musica e ancora di più alla stampa britannica. In realtà lo considero un album piuttosto bello, sicuramente non uno dei migliori della storia, ma gli aggettivi precedentemente detti non sono poi così sbagliati. Mi permetto, però, di fare un’osservazione: questo non mi sembra un album punk. Qui ci troviamo davanti ad uno strano miscuglio di sonorità, dallo ska al rock classico, all’hard rock al reggae e tanto altro. Più che un’alternativa ai Sex Pistols, i Clash mi sembrano un’alternativa ai Police, ma la priorità del tempo era quella di salvare un minimo di credibilità del movimento punk, per cui convenzionalmente questo si può considerare un grande lavoro punk.

La mescolanza di suoni precedentemente detti e (questa volta sì) una maggior presenza di canoni tipici del punk si ritrovano in quello che invece è considerato dal pubblico il miglior lavoro dei Clash: “Combat Rock”. Personalmente mi schiero con il pubblico: il disco è meno elaborato del precedente, ma l’impatto è più diretto ed efficace.

Col passare del tempo, come quasi sempre accade, i litigi interni ebbero la meglio sulla musica, ed il gruppo si limitò a produrre un altro disco nel 1985, poi ognuno per la propria strada. Tra le band nate in conseguenza a questo scioglimento, ci sono sicuramente da citare i “Pogues” del cantante Joe Strummer, autori di un divertente rock in stile celtico-irlandese.

E’ paradossale che una volta sciolti i Clash, che continuo a non considerare strettamente punk, il movimento accusò pesantemente il colpo e di punk non se ne parlò praticamente più. Almeno fino a quando si arrivò alla fine degli anni ’80 e soprattutto alla prima metà degli anni ’90, quando per etichettare un genere prevalentemente californiano che ebbe come leader i Green Day, si riutilizzò questa espressione. In realtà quello che viene fuori è accostabile ai Clash ed ai Sex Pistols solo in piccola parte, le ispirazioni, ed i gusti commerciali, hanno spostato la maggior parte di queste band a seguire i canoni dei Kinks o anche dei Beach Boys.